LA VECCHIAIA, tempo di raccolta

Non ci rendiamo conto di quale inestimabile tesoro perdiamo nel lasciare, molto spesso, gli anziani confinati nel silenzio e nel dimenticatoio. Di questo erano ben consapevoli molte popolazioni primitive che affidavano al “consiglio degli anziani” quelle decisioni che riguardavano fatti di estrema importanza per il futuro della comunità come le leggi, le guerre, la siccità, le problematiche religiose, la prevenzione di pericoli futuri.

Nel nostro mondo moderno, l’uomo viene identificato con il suo ruolo lavorativo (produttore) o visto come un potenziale consumatore e l’anziano depotenziato, il pensionato, è qualcuno che è uscito fuori del sistema produttivo e quindi fuori dal mondo che conta. Alla sua dimensione interiore, spirituale, arricchita dalle tante esperienze di vita, non viene data alcuna importanza.

La nostra cultura materialista è molto crudele e sprezzante verso gli anziani ed è emblematica la corsa disperata verso la “giovinezza” a tutti i costi, identificata con l’aspetto fisico. Così, come tanti moderni Dott. Faust, siamo pronti a barattare la nostra anima per scongiurare il male peggiore: la caducità della vita.

Questo modo di intendere l’ultima fase dell’esistenza come un arresto, una malattia od un impoverimento delle capacità produttive ci conduce ad un grave errore di valutazione in quanto ciò che giunge a compimento è soltanto una fase della vita. La nostalgia, così diffusa tra gli anziani è un sentimento che nasce dalla percezione di aver perso qualcosa solo perché non si ha nulla con cui sostituirlo.

La cultura è sicuramente uno strumento attraverso cui mantenere vivo il mondo interiore, coltivare la curiosità e la capacità di stupirsi o meravigliarsi: leggere un libro, andare ad un cinema, scambiare opinioni su ciò che ci circonda, sono modalità di partecipazione al mondo in cui viviamo. Jung considera la vecchiaia “il tempo della raccolta preziosa, in vista di una ignota trasformazione” ed in un passo di una sua lettera scritta pochi mesi prima di morire: “Quanto più invecchio… e tanto più cerco rifugio nella semplicità dell’esperienza immediata…”

Dell’esperienza immediata ci parla anche Jorge Luiz Borges in una bellissima poesia intitolata “Momenti”, scritta a 85 anni. Riporto qui alcuni brani:

Se io potessi vivere un’altra volta la mia vita, nella prossima avrei commesso più errori… Non cercherei di essere perfetto, sarei più rilassato… avrei corso più rischi, avrei viaggiato di più, contemplato più tramonti, scalato più montagne, nuotato in più fiumi… Avrei mangiato più gelati e meno lenticchie… avrei avuto più problemi reali e meno immaginari… Io ero uno di quelli che non andava da nessuna parte senza un termometro, una borsa di acqua calda, un ombrello e un paracadute. Se tornassi a vivere , viaggerei più leggero… Se io potessi tornare a vivere inizierei a camminare a piedi nudi all’inizio della primavera e così fino alla fine dell’autunno… farei più giri nei dintorni del mio quartiere, contemplerei più albe e giocherei con più bambini, se avessi avuto un’altra volta una vita davanti a me… Ma io ho 85 anni e so che sto morendo”. (T.d.a.)

(l’argentino Jorge Luiz Borges, morto in Svizzera nel 1987 è uno dei più grandi scrittori del nostro secolo).

Come emerge da questa poesia l’ultima fase della vita è caratterizzata dall’aspetto contemplativo nei confronti della natura e della vita in generale, dall’immersione nella propria dimensione interiore che acuisce la sensibilità e la capacità di cogliere l’essenza delle cose. Non mi sorprende che opere di straordinaria grandezza siano state compiute in tarda o tardissima età. Alcuni nomi famosi come Bach, Bernini, Jung, Borges, Dali, Chagall etc.. ne sono esempi. Forse un tentativo o un bisogno, proprio dell’età avanzata, di entrare in contatto con la propria natura più intima e di “cogliere l’attimo”, di assaporare il presente in tutta la sua profondità ed intensità.

Virginia Salles

(www.virginiasalles.it)