Il LIBRO ROSSO DI C. G. JUNG

Il LIBRO ROSSO DI C. G. JUNG

di Virginia Salles, Roma

 

Fuggi da quanto ha già forma agli aperti reami delle forme possibili .

(Goethe)

 

Viviamo in un mondo  secolare. Per adattarsi a questo mondo il bambino abdica alla sua estasi..

(Mallarmè)

 

libro

Il coraggio

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Il vero atto di coraggio, l’unico che ci viene richiesto in quanto partecipanti al grande miracolo della Vita, è il coraggio di affrontare l’Ignoto, di affrontare ciò che di più incomprensibile e sconvolgente possiamo incontrare sulla nostra via. Quelle esperienze definite da Platone come “la pazzia divina”, esperienze visionarie che riguardano il mondo dello spirito o della morte o della “vita vera” e che avvengono “ad occhi chiusi” – ossia nei recessi più oscuri del nostro mondo interiore – sono state talmente escluse dalla nostra vita e dai nostri interessi quotidiani che i nostri sensi atti ad accoglierle ed a comprenderle si sono atrofizzati. Così come la nostra capacità di “percepire” la presenza della Divinità. La maggior parte delle persone non sperimenta mai ciò che viene definito “la presenza di Dio”, sostiene Ronald Laing e nemmeno percepiscono “la Sua assenza”, ma solamente l’assenza di qualcosa di fondamentale, un grande e indefinito vuoto: “l’assenza della Sua Presenza”.

Scoprire in noi stessi qualcosa d’immenso, intimo e profondamente coinvolgente, qualcosa che ci collega a “tutto il resto del mondo” e che prima era totalmente sconosciuto, ci fa comprendere che gran parte della nostra angoscia esistenziale e dei nostri infiniti bisogni non sono nient’altro che un tentativo di lenire la sofferenza di questa “separazione”. C. G. Jung, con il coraggio degli indemoniati, discende in fondo all’ “Abisso”, ne esplora i contorni, i sentieri insidiosi, si aggira nei suoi meandri più segreti e ci consegna in quello che è la sua opera primaria, il Libro Rosso, le rivelazioni di un altro mondo, un mondo sostanzialmente diverso da tutto quanto siamo abituati a conoscere. Il Liber Novus segna l’inizio di una nuova era per la psicologia del profondo, non nel senso che rappresenti qualcosa di nuovo nell’orizzonte psicologico-letterario in quanto le tradizioni spirituali di ogni epoca abbondano di racconti di questo genere, così come i libri di psicologia transpersonale, di filosofia orientale e di antropologia, i racconti di esperienze sciamaniche etc… La “novità” è semplicemente il fato che sia stato Jung a scriverlo, con linguaggio potente. Jung – che non ha mai ufficialmente rinnegato il paradigma dominante della propria cultura di appartenenza e che non ha mai così spudoratamente varcato “la soglia” – fu, in realtà Il primo psicologo “transpersonale”, seguito da Erich Neumann, il primo che ha sfondato le barriere dell’inconscio personale freudiano e attinto all’altro inconscio che rappresenta tutt’ora una sfida al “mondo conosciuto”: la scoperta dell’America in psicologia.

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Il Liber Novus e altri scritti di questo genere mettono in discussione le radici stesse della cultura di cui facciamo parte ed ogni cultura mette in atto i suoi “meccanismi di difesa” per confermare e mantenere la propria “cosmovisione”. “Libri rossi” che finiscono per risultare, in un certo senso, trasgressivi e “pericolosi” per un’incompatibilità essenziale – un rapporto davvero impossibile con una cultura che ha delegittimato ogni esperienza spirituale che non faccia parte della ortodossia ebraico-cristiana, così come ogni esperienza che non possa essere inquadrata dagli assiomi di base della scienza pre-quantistica. Se prendiamo in considerazione, per esempio, i paradigmi spirituali che ci sono stati trasmessi dalla classicità, dall’umanesimo e le nuove concezioni derivate della fisica moderna, vediamo che essi sono assolutamente in sintonia con quanto ha scritto Jung nel suo libro più controverso e con altri scritti ad esso affini. Jung – che ha attraversato, in prima persona l’esperienza e vissuto in bilico tra la psicopatologia e il mondo spirituale ed ha fatto di questa esperienza il fulcro della sua metapsicologia – che appartiene ai due mondi e ufficialmente non è mai andato in rotta di collisione con il paradigma dominante del suo tempo – attraverso il racconto della sua esperienza interiore, può fungere, in un certo senso, da elemento trainante, da elemento “di congiunzione”, tra una psicologia che ha fatto il suo tempo e una visione più ampia della psiche. Visione che accoglie ed unisce elementi tutt’ora appartenenti alla psicopatologia, alla “Scienza”, così come all’oscura e ambigua definizione di “mondo spirituale”.

La nascita di Dio nell’anima

“Taci e ascolta!…”1

Mentre Nietzsche con voce potente proclama la morte di Dio, Jung scava sempre più in fondo tra gli strati archeologici della psiche e s’imbatte in “qualcosa” che va oltre se stesso, in qualcosa che non gli appartiene più in quanto singolo individuo, ma che lo “trascende”. Jung si imbatte nello “spirito delle profondità” con i suoi misteriosi segreti, con il suo inferno e la sua estasi e si lascia trascinare dalle sue correnti mistiche, da terrori arcaici e da sconvolgenti e preziose scoperte. In bilico tra due mondi, tra la propria finitezza e l’immensità dell’Essere, Jung a poco a poco si abbandona a quelle esperienze animiche che lo condurranno sempre più su… verso il mondo spirituale. Tra le macerie di un se stesso che non riconosce più Jung scopre Dio, il Dio interiore, il Dio vivo, rinato nella sua anima.

lo scarabeo è la morte, che è necessaria per il rinnovamento; per questo brillava come brace dietro di lui un nuovo sole, il sole delle profondità, il sole enigmatico, il sole della notte…2

Il futuro autore del Libro Rosso ha visto, sentito, udito, vissuto…, ma ora deve rientrare nella collettività umana, rimettere i piedi sulla terra, affondare nel suolo le sue radici. Deve rivestirsi dei suoi panni-ruoli ed una volta riuscito a dare senso al suo travaglio esistenziale, dovrà elaborare la sua nuova, personale cosmogonia in un modo che sia accettabile per il mondo e che allo stesso tempo non tradisca quanto ha sperimentato, sentito… vissuto.

“Taci e ascolta! Tutte le profondità sono piene di pazzia!!!”3

Jung rientra nel mondo, ma non è più lo stesso, né potrà più fare finta di esserlo. E’ ben consapevole che tutto quanto ha conosciuto fino a questo momento è ora definitivamente, inesorabilmente cambiato. Per uscire dall’impasse ed elaborare la sua esperienza dell’”oltre” lo scopritore dell’inconscio archetipico attinge a piene mani alle tradizioni sapienziali d’oriente ed all’“altro pensiero” occidentale che, nel bene e nel male, fa ancora parte della nostra cultura – proprio come le numerose teste di un gigantesco Drago che, dopo la ghigliottina illuminista, continuano a riaffiorare: l’alchimia, l’astrologia, l’ermetismo, il zoroastrismo, la cabala, i miti egizi, il sufismo, il pensiero magico, i riti pagani etc. Studiosi di queste discipline esoterico-mistiche sostengono che tale sapere ha sempre agito a nostra insaputa e continua a farlo, sulla nostra storia individuale e collettiva.

La pazzia è una forma speciale di spirito che si adatta a tutte le teorie filosofiche, ma ancora di più alla vita di tutti i giorni.4

Nel Liber Novus Jung disegna, scrive, prega. Con linguaggio poetico, con linguaggio mistico, con la lucidità dell’intellettuale e con tutta la sua vena artistica nel disperato tentativo di cogliere fino in fondo e di elaborare il significato ultimo della propria esperienza. Quello che Jung non è riuscito a dire al mondo mentre era in vita, lo ha consegnato al suo libro segreto, il Libro Rosso, custodito sotto sette chiavi, tra bui e polverosi cassetti, ovvero, in versione moderna: nel caveau della banca svizzera in cui era conservato. Ciò che non è riuscito ad esprimere alla luce del sole ci viene consegnato ora, 70 anni dopo. Attraverso quello che – contrariamente a quanto afferma lo stesso autore – possiamo davvero definire un’opera d’arte, Jung descrive, a tinte forti, la sua esperienza del bene e del male attraverso una serie di immagini singolari, descrive una vera e propria battaglia tra il mondo della realtà e il mondo dello spirito che lo porta all’estremo delle sue forze. E’ intensa e travolgente l’impressione che producono sul lettore le potenti scene descritte da Jung con immagini così ricche e impregnate di un senso di verità e di un profondo sentire che agiscono sulla nostra anima con forza convincente. Nessuna forma di conoscenza puramente razionale e logica può reggere al confronto di una così potente forza immaginativa.

Dio è terrore amoroso. Gli antichi dicevano che era terribile cadere nelle mani del Dio vivo!5

Jung prosegue coraggiosamente con scrittura preziosa, con penna e inchiostro dai mille colori, e condivide con noi le sue riflessioni sul cristianesimo e sull’evoluzione spirituale dell’uomo, sul legame dell’individuo con la collettività dei vivi e con quella dei trapassati attraverso la descrizione del suo passaggio attraverso il regno dei morti. Ci descrive dettagliatamente la relazione esistente tra la sua anima e “lo spirito delle profondità”, “lo spirito divino”, relazione questa considerata tutt’ora uno dei principali “segreti” esoterici. Alla domanda: “Che cos’è il sacro? Goethe risponde: “è ciò che lega insieme molte anime”. Quando parliamo di discipline esoterico-mistiche parliamo di un insieme di mondi culturali dalle tradizioni multiple che si accomunano sotto alcuni aspetti. Nei giorni nostri queste discipline vengono sempre di più reciprocamente “contaminate” e arricchite da continui flussi migratori. Lo studio delle culture esoteriche mi appare oggi, nell’era della globalizzazione, particolarmente fecondo e attuale in quanto pone a confronto e integra gradualmente paradigmi culturali diversi.

La nostra visione culturalmente miope deriva dell’aver ristretto e circoscritto lo status di “religione” ai tre principali monoteismi, mentre nella storia dell’umanità possiamo trovare espressioni religiose molto più profonde e varie, ricche di un vasto patrimonio di simboli ancora vivi che richiamano l’uomo alla propria interiorità, alla consapevolezza di sé ed all’evoluzione spirituale. E’ proprio da questa profondità che emergono violente, come se spuntassero dalle “teste mozzate del drago” in nuove vesti e con forza sempre più rinnovata, le sconvolgenti e inspiegabili esperienze descritte nei “libri rossi”. Rossi come una spia di allarme.

L’esperienza psico-spirituale di Jung lo porta a rielaborare in chiave psicologica l’antica idea del Divino dentro ogni uomo ed a lanciare un ponte di accesso allo “spirito delle profondità”. Con un linguaggio tra il mistico ed il profetico, Jung disegna nei suoi mandala un mondo dimenticato che riemerge dalle tenebre e si pone dinanzi a lui e annuncia a tutti gli uomini il risveglio di quelle forze animiche attraverso le quali possiamo attingere alla fonte della saggezza eterna.

La nostra epoca sta cercando una nuova fonte di vita. Ne ho incontrata una ed ho bevuto della sua acqua ed aveva un gusto buono.6

In ogni grande religione, così come in ogni approccio “terapeutico”, possiamo riscontrare due diversi livelli di conoscenza: il primo è il livello trascendente, profondo (verticale) che fa riferimento all’esperienza soggettiva e tende a favorire e promuovere la relazione tra l’uomo e la sua dimensione interiore, tra l’uomo e gli altri uomini, tra l’uomo e l’Universo. Il secondo è l’aspetto “ristretto” (orizzontale) della religione, o della terapia, che consiste in un insieme di dogmi e di regole di comportamento collettivo, sociale e morale, a volte molto rigidi. Mentre il primo aspetto, quello interiore, è quello fondamentale e forma il nucleo autentico ed immutabile di ogni religione e di ogni autentico percorso esistenziale, il secondo, orizzontale, è in un certo senso relativo e mutevole sia nel tempo che nello spazio. La dimensione verticale è la dimensione dell’Unione, è quella che accomuna gli esseri umani tra loro e con il mondo intero e contribuisce ad armonizzare i popoli e attenuare le divergenze in ambito filosofico e religioso. A questa dimensione appartengono tutti quei “libri rossi” che descrivono esperienze del mondo “invisibile”, esperienze che riguardano la dimensione profonda dell’esistenza. Nel corso dei secoli questo aspetto essenziale dell’esperienza soggettiva e delle religioni è stato spesso “demonizzato” o quanto meno relegato in secondo piano ed ignorato, mentre l’aspetto dogmatico ha preso il sopravvento, allontanandoci dalla nostra “sorgente vitale”, ed esasperando sempre di più le differenze e i conflitti tra popoli e religioni.

Per chi ha visto il caos niente più è occulto, ma lui sa che il suolo trema e cosa significa questo tremore7

Il messaggio che Jung ci trasmette da questi mondi è che la “verità” risiede nelle potenzialità interiori dell’uomo e che solo lo sforzo individuale di perfezionamento, può favorire la ricerca interiore. Messaggio questo che appare incompatibile con la posizione istituzionale delle chiese cristiane in quanto rende legittima una pluralità di percorsi per raggiungere la “verità”, basate soprattutto sul coraggio, la fiducia e la ricerca di perfezionamento del singolo individuo. Da questa pluralità di vie e dal prezioso patrimonio delle nostre tradizioni sapienziali emerge l’idea di base che la consapevolezza è “l’unica realtà” e il fondamento dell’essere, in quanto “reale (vero) è tutto ciò che agisce”. Una filosofia opposta a quella dominante nel nostro mondo moderno, secondo la quale solo la materia è reale.

I morti attuano, e questo basta…8

Allo sviluppo di un’anima capace di scrivere il Libro Rosso occorre, come fondamento, tutta la saggezza “sommersa” del nostro tempo. Saggezza questa che agì prima di tutto nell’anima di Jung il quale, sulle orme di Goethe, ha rappresentato attraverso il suo dramma esistenziale, il dramma di ogni uomo. Di ogni uomo che abbia il coraggio di porsi dinanzi all’Anima e di combattere contro lo “spirito del suo tempo”. Il coraggio di percorrere l’unica via che gli è stata assegnata.

L’opposizione al mondo esige grandezza, ma l’io sente la sua piccolezza quasi ridicola9

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La metapsicologia che emerge dalle pagine del Liber Novus fa riferimento a quell’insieme di “verità” dimenticate, di profonde “verità” che girano intorno all’assioma centrale della conoscenza esoterica il quale afferma che nella parte più profonda della nostra anima, al di là del tempo e dello spazio, possiamo entrare in contatto con lo “spirito delle profondità” e persino “dissolverci” nello Spirito e così liberarci dalla “separatezza” e dalla “mortalità”. Questa affermazione, rivoluzionaria rispetto alla nostra cultura è la promessa di un nuovo inizio in quanto consegna nelle mani dell’uomo la chiave di comprensione di se stesso e la possibilità di attingere all’unica forma di conoscenza che lo rende libero.

Pazzia divina e psicopatologia

In India vengono chiamate “intossicate da Dio” quelle persone la cui energia psichica liberata durante le pratiche spirituali risulta troppo potente al punto di rischiare di perdere il contatto con la realtà. Nel contesto orientale la “crisi spirituale” scaturita da questo “eccesso” di energia viene contenuta ed elaborata attraverso adeguati riti e all’interno di un ricco patrimonio mitologico, assecondata e lasciata libera di seguire il suo corso naturale, permettendo a chi la vive di attingere alle potenzialità evolutive intrinseche alla natura umana.

Nella nostra cultura caratterizzata dal culto dell’io, la maggior parte delle pratiche orientali non sono applicabili in modo immediato in quanto non corrispondono all’atteggiamento psicologico occidentale centrato sulla personalità. Non esistono di conseguenza nel nostro contesto culturale strutture che ci sostengano durante il processo di trasformazione. Naturalmente molte persone che hanno intrapreso questo tipo di viaggio interiore non hanno più fatto ritorno, mentre Il processo completo di trasformazione contempla sì il distacco dal mondo “terreno”, ma implica anche il ritorno. Negli ultimi 150 anni alcuni personaggi che tutti conosciamo hanno naufragato in queste acque profonde come, per esempio, Van Gogh, Nietzsche, Holderlin, Rimbaud, Artaud, Strindberg, Munch, Schumann etc… Dal punto di vista della psicologia tradizionale una persona che vive fenomeni mentali e fisici come quelli descritti da Jung verrebbe immediatamente diagnosticata come psicotica e trattata con la somministrazione di farmaci atti a sopprimere i sintomi, anche quelli per i quali non è stata rinvenuta alcuna causa biologica. Quando una persona attraversa una di queste “crisi spirituali”, le definizioni in termini di “patologia”, l’uso indiscriminato di psicofarmaci e l’utilizzo delle misure repressive convenzionali compromettono gravemente il potenziale evolutivo di questo processo autonomo, considerato oggi da molti studiosi un processo evolutivo di auto guarigione psichica che tende verso uno stato di coscienza più elevato. Ancora oggi, in molti contesti tradizionali, questo stato di trasformazione psicospirituale – che in oriente viene chiamato appunto “intossicazione da Dio” e che è definito da con il termini “emergenza spirituale” – non viene tenuto nella dovuta considerazione e spesso patologizzato, ma negli ultimi anni i “disordini psichici legati ad una crisi spirituale” iniziano ad essere riconosciuti, anche se in ambito istituzionale non si fa ancora alcuna distinzione tra psicosi e misticismo.

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In Liber Novus Jung ci rende partecipi della sua “traversata notturna”, della lotta del suo spirito per liberarsi dalla prigione delle strutture mentali convenzionali – una tappa importante dello sviluppo della coscienza umana sia dal punto di vista individuale che collettivo. Il nucleo di questa attivazione energetica è l’archetipo del Centro, definito “Sé” da Jung e rappresentato nei suoi disegni di mandala. Disegni che offrono una ulteriore chiave di comprensione della genesi del suo modello di e confermano la sua posizione di precursore di una nuova psicologia che può ancora esercitare una vasta influenza sull’evoluzione della coscienza occidentale e sulla storia sociale e intellettuale di questo secolo, più di quanta abbiano già fatto i suoi scritti “canonici”.

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La vera libertà è interiore, è la libertà di sentire e di esplorare l’universo inespresso delle possibilità umane. In alcuni casi questa esplorazione catalizza quel particolare tipo di esperienza che priva l’individuo della parola convenzionale e, come sottolinea Jung, contemporaneamente rinnova la capacità di espressione. Esperienza “iniziatica” questa che segna l’inizio di una vera e propria discesa agli inferi e al dominio dei morti, un percorso simile a quello descritto dalle tradizioni religiose di tutto il mondo. Con un linguaggio che ricorda la letteratura mistico-filosofica, nel 1916 Jung scrisse in soli tre giorni “Sette sermoni ai morti”, un dialogo con i defunti come risposta all’invasione di casa sua da parte di una folla di spiriti avvertita da lui e dai suoi figli. La folla di spiriti sparì appena Jung iniziò a scrivere i Sermoni. Le seguenti parole corrispondono alle prime righe dei “Septem Sermones ad Mortuos”:

“Tutta la casa era come abitata da una folla di gente, come se fosse stipata di spiriti. Si affollavano fin sotto la porta, e si aveva la sensazione di poter respirare a fatica. Ero naturalmente tormentato dalla domanda: “Per amor di Dio, di che mai si tratta?” Allora in coro gridarono: “Torniamo da Gerusalemme, dove non abbiamo trovato ciò che cercavamo”10.

Attraverso i Sermoni Jung riallaccia, in un certo senso, i fili che partono dalla spiritualità originaria e conducono ad una conoscenza animico- spirituale presente e futura. La sua anima, volata via dalla terra dei morti fa il suo ingresso nel mondo e catalizza in lui un vero e proprio processo di “redenzione dei morti”. La voce dei morti è la voce che dall’Ignoto rivendica il Divenire. Durante il suo viaggio interiore, Jung sentiva di “obbedire a una volontà superiore”. Ci vorranno anni prima che Lo psichiatra di Bollingen riesca a riapropriarsi di se stesso, elaborare il Significato della sua esperienza dell’oltre e vincere la sfida:

Può sorgere qualcosa dallo spaventoso nulla11

Per un certo tratto del percorso – quello che è già stato percorso dalla maturazione spirituale di ciascun individuo – il cammino sembra agevole; ma nella misura in cui si avanza esso diviene sempre più difficile, in quanto è davvero arduo rivelarsi a se stessi ed un vero e proprio atto di coraggio trascendere il proprio « io » e restituirsi all’infinito. Soltanto un simile “azzardo” può condurre a quel consapevole «sentire», che possiamo anche definire “coscienza di esistere” o “coscienza Cosmica”: quel tipo di consapevolezza che ci permette di scorgere l’Unità dietro l’illusione del tempo e l’apparente molteplicità delle forme.

Recentemente satana mi ha causato una forte impressione, come se fosse la quint’essenza del personale12

Per un’evoluzione consapevole

In punta di piedi, Jung rientra nel mondo portando con sé il suo dono: il Libro Rosso. Ci vorranno altri 70 anni finché il mondo sia pronto ad accoglierlo. Studiosi di spiritualità contemporanea affermano che la nostra epoca segna la fine del “Kali Yuga”, un termine dell’Induismo che designa l’età più materialista e più oscura, caratterizzata dalla discordia e dell’ipocrisia. Il XXI secolo coinciderebbe con la fine di questo periodo. Per l’umanità è un momento di “crisi” nel doppio significato di questa parola nella lingua cinese: “pericolo” e “opportunità”. Il gesuita e maestro zen Ugo Lassalle13, conosciuto per la sua apertura alla filosofia orientale e i suoi sforzi tendenti all’integrazione del pensiero filosofico-religioso occidentale e orientale14 afferma come il ricco e prezioso patrimonio interiore dei miti, riti e simboli delle culture orientali sia, oggi, uno degli elementi fondamentali di una nuova consapevolezza che sta silenziosamente ma inesorabilmente emergendo nel mondo occidentale. Lassalle così sintetizza gli stati evolutivi della coscienza umana: la prima forma di coscienza fu quella arcaico-istintuale che caratterizzò il passaggio dall’animale all’uomo: da questo livello basico di sopravvivenza emerse un nuovo mondo. La coscienza arcaica fu seguita dalla coscienza magica con il suo pensiero animista: l’uomo viveva immerso nella natura, ma era ancora privo della coscienza di sé. In seguito, quando l’essere umano inizia a percepire il proprio “io” separato e successivamente acquisisce l’idea di reciprocità, accede alla coscienza mitica. La mitologia greca esprime con le sue immagini archetipiche proprio questo passaggio e descrive l’uomo alla ricerca dell’anima perduta e di quel senso di comunione con il tutto che aveva caratterizzato la coscienza arcaica e magica.

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L’anima esige la tua leggerezza, non il tuo sapere15

Gli stati di coscienza caratterizzati dagli aspetti sensoriali, istintivi ed emotivi dell’uomo furono seguiti quindi, secondo Lassalle, dall’attuale modello logico-razionale. Questo non vuol dire che questo modello di coscienza sia, oggi, ugualmente sviluppato in tutti, ma significa che nella maggior parte delle persone la coscienza di veglia si basa fondamentalmente sui processi logici. Il prossimo salto evolutivo, secondo Lassalle, va in direzione del superamento del pensiero razionale a favore di una coscienza fondata sui processi intuitivi. Siamo imprigionati all’interno di una logica tridimensionale e dobbiamo riappropriarci della quarta dimensione che è mistica, atemporale, caratterizzata dall’impulso alla trascendenza e dalla conoscenza del divino. Un terreno fertile ed ideale per un’ evoluzione consapevole: la coscienza globale. Amit Goswami, fisico teorico nucleare – particolarmente interessato alla applicazione delle nuove scoperte della scienza ai problemi psicofisici – è uno di quegli scienziati, sempre più numerosi, che negli ultimi anni si è addentrato nel campo della spiritualità nel tentativo di comprendere i risultati apparentemente incomprensibili dei suoi esperimenti.16

La vita di Goswami, come quella di Jung, fu profondamente segnata dal dilemma tra fede e scienza. Nei suoi libri egli sostiene che il paradigma materialista che ha dominato il pensiero scientifico e filosofico negli ultimi secoli può finalmente essere messo in discussione in quanto ciò che prima richiedeva un atto di fede può essere ora dimostrato attraverso le nuove conquiste della scienza. Nel tentativo di integrare svariati campi della conoscenza in un singolo paradigma unificato, lo scienziato indiano apre la strada ad una nuova cosmo-visione nella quale lo spirito ha la precedenza e mette in ginocchio il realismo materialista attualmente dominante.

Opere come quella di Jung, Lassalle, Goswami e molti altri gettano le basi per un rinnovamento della filosofia degli attuali paradigmi culturali, etici e spirituali della nostra epoca i cui principi giacciono già, spesso sopiti, nell’intimo di ognuno di noi. La lettura di queste opere catalizza il processo di ricerca interiore ed apre la via verso una coscienza più vasta e più completa. La trascendenza di tutto ciò che nel corso del tempo ci siamo abituati a chiamare “religione” sta alla base di questa successiva evoluzione. L’eredità culturale delle nostre tradizioni sapienziali non potrà più essere interpretata nei termini “dogmatici” e autoritari della “vita religiosa” tradizionale ma nel senso di un fattore spirituale di civiltà, elemento catalizzatore di conoscenza, di espressione artistica e di Bellezza, nel più ampio senso della parola.

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Note

1 Jung, C. G., Il libro vermelho, Editora Vozes Ltda, Petropolis, 2010, p. 267, T. d. A.

2 Ibidem, p. 239.

3 Jung, C. G., Il libro vermelho, Editora Vozes Ltda, Petropolis, 2010, p. 267, T. d. A.

4 Ibidem, p. 298.

5 Ibidem, p. 281.

6 Jung, C. G., Il libro vermelho, Editora Vozes Ltda, Petropolis, 2010, p. 210, T. d. A.

7 Jung, C. G., Il libro vermelho, Editora Vozes Ltda, Petropolis, 2010, p. 299, T. d. A.

8 Ibidem, p. 298.

9 Ibidem, p. 368.

10 Ibidem, p. 264.

11 Jung, C. G., Il libro vermelho, Editora Vozes Ltda, Petropolis, 2010, p. 299, T. d. A.