Raccontami un sogno

RACCONTAMI UN SOGNO…

Di Virginia Salles, Roma

 

Il protagonista di Don Chisciotte della Mancia, uno dei libri più letti al mondo, si lascia trascinare dalla fantasia e, come alcuni personaggi di  García Márquez, ignora i confini tra l’immaginazione e la realtà. Anche Jorge Amado trova una soluzione fantastica per il dramma di Dona Flor, contesa tra i suoi due mariti: uno sensuale ma defunto e l’altro vivo, ma sessualmente poco entusiasmante. Dante nella Divina Commedia ci introduce, attraverso un sentiero segnato da simboli universali, in un mondo popolato da demoni e divinità. In questi scritti fantastici veniamo trascinati insieme ai personaggi, reali o immaginari che siano, nei labirinti dell’anima, tra ideali irraggiungibili, drammi esistenziali e giustizia divina. Luoghi nei quali non pensavamo di poter mai accedere o scrutare neanche nella nostra più fervida immaginazione.

 

 

Questi libri indimenticabili, così carichi di significati, ci accompagnano lungo la nostra esistenza, in quanto ad ogni tappa della vita riusciamo ancora a leggerli “tra le righe” e a scorgere, tra le loro pagine consumate, ogni volta un nuovo e più profondo messaggio. È proprio questa caratteristica di “pozzo senza fondo” che rende un libro, un film o qualsiasi altra forma espressiva, particolarmente  fecondi  determinandone il  carattere propulsivo di creatori di sogni e di miti. Sogni e miti ancora vivi, in direzione dei quali possiamo rivolgere lo sguardo, quando perdiamo il timone della nostra vita, per contattare la nostra fonte interiore.

 

Ricordo un curioso episodio raccontato dal missionario  W. B.  Grubb (nel suo libro An unknown people in an unknown land): un indiano del Paraguay, dove Grubb si trovava in missione, lo accusò di aver rubato le zucche del suo giardino perché lo aveva visto in sogno compiere il furto. Nonostante il missionario si affannasse a mettere in evidenza la falsità dell’accusa, si trovò in una difficile situazione poiché l’indiano non metteva assolutamente in dubbio quanto aveva visto in sogno.

 

Questo caso emblematico sottolinea la diversa modalità di rapportarsi al mondo dei sogni e dell’immaginazione, a seconda della propria cultura di appartenenza. Il missionario Grubb viveva nel sogno degli indigeni un’esistenza di cui non aveva la minima conoscenza. D’altronde nessuno può definire del tutto falsa l’accusa dell’indiano, in quanto la scena si è verificata, sebbene su un piano di realtà diverso da quello riconosciuto dal mondo civilizzato di Grubb. Per l’uomo primitivo il momento del sogno è il momento vitale per eccellenza: è lì che l’uomo trascende la dimensione quotidiana, mettendosi in contatto con quanto di più sacro esiste dentro di sé. Attraverso i sogni si rinnova ogni notte il miracolo della creazione ed è nel mondo dei sogni che “gli dei e i morti” si mescolano con i vivi portando consigli e benedizione. Come afferma Holderlein nel suo “romanzo mitico”: “ […] l’uomo è un Dio quando sogna e un mendicante quando riflette”. Anche nella mistica cristiana “l’uomo illuminato” viene raffigurato ad occhi chiusi e “Dio si rivela soltanto nella notte oscura” (San Giovanni della Croce).

 

In queste culture primitive sono ben saldi i ponti di comunicazione tra il mondo dell’anima (inconscio) e la realtà (coscienza). I due mondi spesso si fondono e si confondono, in un incessante dialogo attraverso le immagini oniriche, con il mondo dei morti e con gli  dei. Il sogno viene considerato, in questi contesti, come un messaggio degli dei che, una volta “interpretato” dalle autorità religiose, può fornire al sognatore la soluzione dei suoi problemi e un migliore inserimento nel mondo in cui vive. Nei casi in cui il messaggio sia una profezia di guerra o di una calamità, esso può dar luogo ad importanti decisioni per la vita della comunità. Alcuni sogni identificano il “totem individuale” o la divinità come elemento di possessione. Altri segnalano la “chiamata” o la “vocazione” dello sciamano: come ad esempio il sogno del “viaggio negli inferi” o del ritrovamento della “pietra sacra”. Il loro profondo contenuto simbolico viene anche utilizzato nelle cerimonie di iniziazione.

Nel nostro mondo moderno si sono rotti questi ponti di collegamento tra la metà notturna e quella diurna dell’uomo e il sogno viene visto come qualcosa di simile alla morte o come immagini strane e spesso ansiogene provenienti dal “quasi nulla” notturno popolato da minacciosi fantasmi. Dimenticato, il sogno viene oggi considerato insieme ai miti come qualcosa che non esiste, come pura irrealtà. Ma anche la realtà in cui ci muoviamo e che percepiamo con i nostri cinque sensi viene oggi messa seriamente in discussione dalle nuove scienze di frontiera. Per uscire dall’impasse possiamo pensare al Libro Rosso di C. G. Jung o agli scritti di Rudolf Steiner, e, come loro, considerare “reale” ciò che “agisce”, compreso anche un’“azione” o un “evento” del mondo soggettivo.

Gli psicologi del profondo conoscono molto bene la forza psicologica ed il potere trasformativo di questi eventi del mondo soggettivo: un’azione nel mondo onirico o un’immagine che tocca l’anima possono risultare spesso più potenti ed efficaci di qualsiasi discorso razionale. Come nel mondo primitivo quindi ancora oggi i “grandi antenati e i demiurghi” creano attraverso l’uomo che sogna, creano nuovi tratti culturali da aggiungere a quelli già esistenti, nuove idee, nuove possibilità di vita…

Nelle più svariate manifestazioni della sofferenza umana, che chiamiamo psicopatologie, c’è sempre una scissione più o meno profonda all’interno della personalità, un venir meno del flusso di energia proveniente dalle profondità della psiche, con conseguente impoverimento della personalità. È proprio attraverso i grandi simboli fondamentali generati dall’inconscio profondo – simboli portatori di senso e di coinvolgimento emotivo con ciò che ancora non sappiamo – che si crea una connessione tra le immagini-affetto e la nostra coscienza/realtà nei momenti clou dell’esistenza, ripristinando così la frattura.

Le immagini simboliche che emergono dalle profondità interiori così come appaiono nei sogni sono impregnate di energia vitale e costituiscono l’essenza stessa della vita psichica. Freud considerava il sogno “la via regia che porta all’inconscio”, il riflesso delle pulsioni ed una valvola di sicurezza per l’io. Adler lo considerava “lo strumento di ricostruzione della personalità turbata”. Gérard de Nerval un “metodo di conoscenza superiore a quelli della ragione che giunge fino all’essenza delle cose”. Jung  sottolineava il suo aspetto progettuale che dà avvio al processo di individuazione, cardine della psicologia analitica, processo che porta l’uomo a superare la propria scissione operando una sintesi tra le sue parti coscienti e  inconsce.

Nel contesto terapeutico è proprio attraverso l’analisi dei sogni che viene riproposto alla persona sofferente un fecondo dialogo con l’anima, un ritorno dalla cultura alla natura, con conseguente attivazione dell’energia psichica. Lo psicologo del profondo, come i vecchi sciamani, ricostruisce insieme all’analizzando, attraverso le immagini oniriche, il suo “mito personale”, portando così alla luce gli elementi più oscuri, ma anche i più vitali, in un processo dinamico di conoscenza. Questo tipo di comunicazione è indispensabile per la ricerca di un nuovo equilibrio che restituisca alla vita il suo spessore perduto e un più autentico significato.