Fede, Religione e Simboli (oltre la pandemia)

                                  Fede, Religione e Simboli

                                   (oltre la pandemia)

                                        di Virginia Salles, Roma

 

 

 

 

 

Emozionarsi con l’Arte o con la Natura, sentire che tutti i nostri sensi sono stati rapiti o perdersi nello sguardo dell’Altro possono essere legittimamente considerati esperienze religiose?

Molto spesso, nella ricerca di una vita spirituale, le persone si avviciniamo ad una chiesa e “praticano” una religione, ma, come possiamo osservare, non sempre la religione, le prediche e la stessa letteratura religiosa possono rendere migliori gli esseri umani e di conseguenza neanche la nostra comunità. É illusorio e piuttosto ingenuo pensare che le persone possono essere più etiche o più “buone” perché religiose o che i cattolici siano anche ‘cristiani’.

Lo spessore umano ed una profonda vita interiore dovrebbero sì, essere il risultato naturale dell’appartenenza ad una religione, la quale dovrebbe promuovere il contatto con la dimensione divina della realtà partendo dall’incontro con noi stessi, ma da quello che possiamo osservare non è proprio così.

 Incontro spesso persone che non sono attratte dalla religione, ma che hanno trovato il senso della vita e il contatto con l’anima per altre vie. “Persone in cammino…”: in un continuo movimento evolutivo di umanizzazione e di superamento della materialità, del consumismo, dell’egoismo… dell’indifferenza. Persone che possiedono un elevato sentimento di giustizia e che hanno maturato una autentica solidarietà. Non è forse questo lo scopo ultimo di una vera religione e del cristianesimo in particolare?

 I luoghi della sofferenza, i più vulnerabili della nostra anima, là dove nascono i sintomi (e i sogni) sono anche i nostri recinti più sacri, attraverso i quali possiamo entrare in contatto con l’essenza che ci precede, al di là del tempo e dello spazio e con il potere divino degli dei (gli archetipi). Forse è proprio questo potere la vera ricchezza che la sofferenza, nello stesso tempo in cui occulta, miracolosamente, ci rivela.

 

 

 

 

 

 

Stiamo vivendo un doloroso ma fecondo momento che potrebbe trasformarsi in una opportunità di scoperta e di rivelazione. Forse è in atto una silenziosa insurrezione che potrebbe aprirci ad una maggiore sensibilità al simbolo e alla possibilità di accesso ad una forma più autentica di “essere spirituali”, basata sulla propria esperienza soggettiva e non più sulle ideologie dogmatiche delle religioni organizzate: non è la religione che trasforma la vita, ma la spiritualità che però, non sempre ne consegue.

Contemplare l’Arte, osservare e cercare di comprendere la Natura, curare il corpo, ascoltare i moti della nostra anima, aprirci all’Altro e a tutto quell’ insieme che ci anima può essere considerato una forma di orazione: una religiosità plurima che dialoga con il mondo e con gli altri intorno a noi.

 È in momenti come questi, che tutti i nostri sensi si attivano e ci collegano con il centro di noi stessi.  Allora si, possiamo dire di aver pregato.