Dal sangue alla rosa

Dal sangue alla rosa

L’evoluzione umana oltre la famiglia

(Estratto)
Virginia Salles, Roma

 

Abstract

Quale è il ruolo della famiglia oggi, nel nostro difficile e controverso mondo contemporaneo? Possiamo ancora parlare di “vantaggi evolutivi” conferiti agli umani dall’appartenenza ad un nucleo familiare? Nel tentativo di rispondere a questa domanda l’autrice, attraverso il confronto tra diversi pensieri psicologici, filosofici, antropologici, uno sguardo all’esoterismo e l’esempio di casi clinici, offre una descrizione ed una interpretazione in chiave evolutiva della famiglia e dell’amore nei tempi moderni.

 

 

  

L’ufficiale e l’ufficioso

 

Ossa di scheletri umani risalenti a 4600 anni fa e ritrovati in  un’antica tomba in Germania, all’analisi del DNA risultano  appartenere ad un nucleo familiare: padre, madre e due bambini di  5 e 9 anni che erano stati tumulati insieme. I bambini erano sepolti rispettivamente tra le braccia del padre e della madre. “Questo ritrovamento costituisce la più antica evidenza archeologica che conferma l’antichità della famiglia nucleare tra gli umani, confermata con i mezzi della genetica…”. Stando a  ciò che leggo in questo articolo di archeologia di Leandro Narloch[1], sembra che l’istinto familiare sia ancestrale, già presente nei primi homo sapiens, e ciò, secondo  l’autore, rafforza la sua idea che il nucleo familiare sia fiorito e si sia mantenuto attraverso i millenni  per i vantaggi evolutivi conferiti agli umani.

Non posso fare a meno di riflettere e pormi qualche domanda, in quanto avevo in programma di scrivere il presente articolo sui “legami di sangue”: Quale è il ruolo della famiglia oggi nel nostro difficile e controverso mondo contemporaneo? Possiamo ancora parlare di “vantaggi evolutivi” conferiti agli umani dall’appartenenza ad un nucleo familiare?

Nella cultura occidentale la famiglia, o nucleo familiare, viene spesso definita in modo specifico come un gruppo di persone unite da legami di consanguineità o legali, come il matrimonio o l’adozione, anche se alcuni antropologi sostengono però che la nozione di “consanguineo” deve essere intesa in senso metaforico in quanto in molte società non occidentali la famiglia viene definita attraverso concetti diversi da quelli legati al “sangue”. La Dichiarazione Universale dei diritti umani afferma che la famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla collettività e dallo Stato.

Luc Ferry,filosofo francese, nel suo libro “Famiglie, vi amo, famiglie e vita privata nell’era della globalizzazione”, 2008, argomenta che la famiglia ha sostituito la fede e l’ideologia nella vita spirituale dell’uomo moderno. La  Famiglia, secondo Ferry, è quindi l’unica religione, l’unica entità veramente sacra nel mondo moderno perché è l’unica per la quale tutti noi occidentali potremo accettare di morire, se necessario.

Di parere opposto è Charles Melman, allievo e collaboratore di Lacan e attento osservatore del mondo contemporaneo che  interpreta diversamente i cambiamenti in corso nella nostra attuale società. Melman afferma che oggi stiamo assistendo ad un evento senza precedenti nella storia: la dissoluzione del nucleo familiare. Per la prima volta, sostiene lo psicoanalista francese, l’istituzione familiare sta sparendo e le conseguenze sono imprevedibili.

Mi sembra interessante il fatto che lo  stesso oggetto di osservazione, ovvero la famiglia, venga considerato in modo così diverso, secondo “l’occhio che guarda”. Lo sguardo di  Luc Ferry, ministro dell’educazione in Francia dal 2002 al 2004 e mentore della contestata legge che ha bandito il velo tra le studentesse musulmane (e questo è significativo), è uno sguardo da uomo politico, fautore e rappresentante  del discorso ufficiale. L’occhio di Melman è quello di uno psicanalista che, in quanto tale, è allenato a vedere il mondo interiore, soggettivo, a scorgere  i sentimenti, i dolori, i più intimi desideri, passioni e aspirazioni che si agitano nell’animo umano e che molto spesso esprimono il rovescio del discorso ufficiale.

 

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Un tempo superare la Paura era uno dei segnali dell’ingresso nell’età adulta, paura che  attualmente sembra essere la “passione dominante” della nostra società. Abbiamo paura di tutto, o quasi: della solitudine, della globalizzazione, dell’effetto serra, dell’aids, dei cinesi, del colesterolo, dell’ISIS, della crisi economica, dell’inflazione…   

La Paura – che è la fonte delle nostre menzogne e delle nostre false percezioni – così come la sua controparte, il Coraggio, dovrebbero venire codificati, ritualizzati e incanalati verso un determinato compito esistenziale: le imprese eroiche del cavaliere errante che, per amore della sua Donna affronta il Drago (il Sistema, l’Ordine stabilito) salva la principessa e si riappropria del Castello.

L’eroe, attraverso questa impresa, risponde alla voce interiore, alla voce del Padre  archetipico-traspersonale (Dio, o la forza vitale-evolutiva in noi) che lo richiama alla trasformazione e  all’evoluzione. Il Padre interiore, nemico del vecchio sistema dominante,  entra così in contrasto con la legge dei padri che incarna i valori collettivi attraverso il loro rappresentante, il padre personale. In questa guerra tra la nuova e la vecchia generazione di norma vince il padre personale e viene ucciso il Dio interiore. Così vediamo giovani entusiasti e  idealisti  trasformarsi in adulti “integrati”, codardi e rassegnati.

Nell’attuale processo di dissoluzione della Famiglia descritto da Melman, possiamo rilevare che il ruolo di autorità del padre (una volta modello di riferimento) è stato non solo messo in discussione, ma in alcuni contesti definitivamente demolito. Terra bruciata quindi sui valori  e desideri tradizionali, e con il declino della figura paterna i giovani sono meno propensi a  lottare per l’autoaffermazione ed a salire i gradini sociali della scala preparata dalla vecchia generazione.

Oggi, diversamente dal tempo di Freud, sempre più spesso si cerca la terapia non perché si reprimono i propri desideri, ma perché non si sa cosa desiderare né per cosa lottare. L’autorità del padre, un tempo assoluta e ingombrante, è stata sostituita da un’altra più sottile e informe che per la sua stessa indefinitezza risulta sempre più difficile circoscrivere ed afferrare. Non più un padre  dispotico ad imporre le sue regole e ideali ma un sistema di non valori, di media, di pubblicità, di consumi sempre più ineffabile e invasivo. Sistema questo che gode di sempre maggiore “libertà” di espandere al massimo i propri tentacoli e invadere le nostre case. Così, in mancanza di un drago personale da combattere si affaccia nell’orizzonte un drago invisibile di natura più sottile, eterea e indefinibile.

Questo fenomeno moderno mi fa venire in mente l’idea di una “nuova umanità oltre l’Edipo”, teorizzata da Teillhard de Chardin. Fenomeno non ancora  sufficientemente compreso, che, se da una parte provoca una grave crisi e confusione di valori, dall’altra potrebbe significare un’opportunità: un profondo e fecondo lavoro di discernimento e un’inversione di rotta verso nuove modalità della stessa ricerca e di investimento delle energie psichiche. Una delicata e complessa opera di analisi e di scoperta che ci può portare  lontano da  ciò che ci imprigiona e ci  appesantisce verso uno spazio interiore nel quale avanziamo a tentoni alla scoperta delle motivazioni più segrete, delle tensioni e dei moti più generosi che animano il nostro percorso evolutivo.

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Matrimonio e amore

 

Mi ricordo una frase di Tolstoj in Anna Karenina che esprime più o meno il seguente concetto: “Tutte le  famiglie felice sono simili tra loro ma ogni famiglia infelice è infelice in un modo che le è proprio”. Frase volutamente paradossale in quanto esprime il concetto di “uguaglianza” delle famiglie “felici”, uguaglianza che per se stessa nega la libertà e l’individualità, condizioni indispensabili  ad una “possibile” dimensione di felicità: la percezione dell’elemento vitale dentro di sé. Benvenute allora le famiglie infelici che rimangono aperte alla dimensione trasformativa-evolutiva autenticamente umana.

Portiamo dentro di noi il marchio indelebile dello sguardo profetico, carico di dolore e di aspettative che ci hanno lanciato quando eravamo bambini, proprio come la maledizione o la benedizione delle fate nelle favole infantili. Le madri che si sacrificano per la famiglia, le madri martiri, generano figli martiri – o tiranni, pronti a vendicare il proprio dolore sul mondo – che in ogni caso perpetueranno in eterno la maledizione familiare.

Secondo Wilfred Bion soltanto una madre felice, una madre che, oltre al figlio, ama anche il proprio compagno di vita, una madre che ama e riceve amore  può essere una buona madre. Ciò significa che senza un supporto affettivo-erotico di piacere frequente e durevole, difficilmente una donna sarà una buona madre.

In alcuni contesti culturali, attraverso regole sociali o istituzioni come quella matrimoniale, la sessualità non viene organizzata su basi  naturali affettivo-sessuali, ma sulla sicurezza e la stabilità economica. Ancora oggi, in alcune culture l’imene non è considerato un organo anatomico, ma una vera e propria istituzione sociale. La componente di sicurezza sociale-economica nella maggior parte dei casi riguarda ancora la donna e per molte di loro perdere il marito significa non solo perdere la protezione, lo status di “moglie”, ma a volte incorrere  persino nell’ostracismo sociale o nell’indigenza economica. Quando l’amore viene così scambiato con la sicurezza, non rimane tempo né spazio per il naturale esercizio della gioia e dell’affetto e l’identificazione con i ruoli sociali impedisce qualsiasi risposta o decisione personale. Siamo inibiti nella possibilità di manifestare quella che è la dimensione più autentica, evolutiva e spirituale dell’essere umano.

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La famiglia e l’evoluzione

Nella città di Lhasa (in tibetano “trono di Dio”), la capitale del Tibet, nell’altare di un monastero si trovano un uomo e una donna avvinghiati in un amplesso sessuale. Questo è Dio.

Il “trono di Dio” ci indica il contatto amoroso come il cammino verso la trascendenza. Nella filosofia Tantra, considerata da alcuni come “la più alta forma di esistenza”, Amore significa fascino e richiamo dal profondo, insondabile grandezza, il motore propulsivo dell’evoluzione umana ma anche e soprattutto la via, la possibilità di accesso al Divino in noi. Contenere o distruggere la sessualità significa, da questo punto di vista, non solo distruggere la vita interiore e la forza vitale in noi ma anche le nostre potenzialità creative ed evolutive. Il piacere erotico nella sua massima espressione è il piacere di creare, che mette l’uomo in diretto contatto con l’essenza divina. Secondo Rajneesh (Osho), in futuro l’Eros dovrà diventare La religione .

 


[1] Rivista Veja, São Paulo, dicembre, 2008.