KABBALAH E CRISI GLOBALE

   Kabbalah e crisi globale

Di Virginia Salles, Roma

 (Estratto)

Coloro che danzavano erano considerati folli da quelli che non riuscivano a sentire la musica
Angela Monet

Le lettere dicono sempre qualcosa in più del loro segno, perché parla anche la potenza del loro silenzio.
Halter Marek

Tutti nella stessa barca

Uno dei miti tipici della nostra civiltà, che si è rivelato sempre più insidioso negli ultimi decenni, è il nostro concetto tradizionale di sviluppo fondato sulla crescita infinita. Da questo mito, vero e proprio “zoccolo duro da morire” della nostra coscienza contemporanea, scaturisce una modalità di esistenza che ci può portare dritti verso la strada senza uscita del disastro ambientale. Al nostro pianeta che, come possiamo osservare, “fa acqua da tutte le parti” resta solo, secondo studiosi del calibro di Edgar Morin o Ervin Laszlo e non solo loro, la via della “metamorfosi”.
Nel suo commento al “Segreto del fiore d’oro”, C. G. Jung afferma che la nostra attuale coscienza occidentale non è assolutamente rappresentativa della coscienza umana in generale, ma è piuttosto una dimensione, circoscritta storicamente e limitata geograficamente, di una parte dell’umanità. Lo studio degli stadi evolutivi dell’uomo ed il confronto con altre forme di coscienza appartenenti ad altri tempi e luoghi ci aprono uno spiraglio di speranza e ci offrono elementi indispensabili ad un allargamento di prospettiva ed una visione più obiettiva del nostro attuale stato di coscienza e della conseguente “crisi globale”.

La kabbalah si rivela.

Alcuni tra i personaggi più brillanti e creativi della storia – tra i quali Platone, Pitagora, Newton e Leibniz – furono profondamente influenzati dallo studio della kabbalah. Anche Goethe mostrava un profondo interesse per questa antica conoscenza e molte delle sue intuizioni, così come gli scritti di Rudolf Steiner, si fondano su principi cabalistici. Giovanni Pico della Mirandola nel suo testo De Hominis Dignitate del XV secolo, sosteneva che l’autentica interpretazione della Legge divina si chiama kabbalah. Le conoscenze cabalistiche sono sempre state tramandate per via orale a pochi privilegiati, ma fu solo negli ultimi anni che la kabbalah si è aperta alla divulgazione attraverso i più popolari e moderni mezzi di comunicazione. La ragione per cui questa antica saggezza, occultata da millenni, si sta rivolgendo attualmente a tutto il mondo è che i suoi principi fondamentali – la “mondializzazione”, la connessione tra tutti gli esseri umani, l’unità e indivisibilità della Natura – si stanno manifestando in modo sempre più chiaro, dinanzi ai nostri occhi increduli, in modo tale che non occorre nemmeno più usare la terminologia cabalista, ma possiamo servirci delle parole usate dalla scienza moderna per esprimere gli stessi concetti della kabbalah.


Il grande cabalista Baal Ha Sulam afferma che “Dio” è la Natura nel suo complesso, da lui considerata come una singola unità. Questa unità non si applica solamente al nostro pianeta ed alla vita su di essa, ma all’intero universo nelle sue dimensioni fisiche e spirituali. Quando i cabalisti parlano di D-O, o del Boré (il nome di Dio, per un cabalista è troppo potente per essere pronunciato) non lo intendono come solitamente viene inteso, nel suo significato religioso di un essere onnipotente da adorare e obbedire per essere ricompensati. I cabalisti identificano D-O con la Natura: Ha Teva (la Natura) ha lo stesso numero ghimatrico (86) di Elohim (Dio) e sono quindi, per la kabbalah, la stessa cosa. Ciò che i cabalisti chiamano “le Leggi di Dio” sono quindi “i Comandamenti della Natura” e viceversa.
All’origine dei tempi, secondo la kabbalah, D-O si era rifugiato in se stesso e si era contratto, creando un unico punto di oscurità. Da questo punto vuoto nacque lo spazio ed il tempo, la materia e l’universo sconfinato che conosciamo. Furono innalzati dieci veli per occultare l’infinita Luce (le dieci sefirot o livelli dell’occultamento) in modo tale che non siamo più nemmeno consapevoli del significato della parola “Creatore”. A questo moto divino viene dato il nome di “contrazione”.

 

La kabbalah e le leggi della Natura

La realtà nel suo insieme, secondo la kabbalah, è composta da un’unica entità frantumata, chiamata “l’anima frammentata di Adamo”. Questa drammatica lacerazione non si riferisce ad una separazione fisica, ma ad un’anima scissa, le cui parti hanno iniziato ad operare nel proprio interesse invece che nell’interesse della Totalità. Ciò ha comportato la distruzione dei legami esistenti fra tutte queste parti, intese come “il desiderio collettivo” che costituisce la nostra realtà. Dal punto di vista della psicologia transpersonale: la nascita dell’ego o della “separatezza”.
Affinché un organismo viva, ogni cellula deve svolgere le proprie funzioni in relazione all’insieme al quale appartiene, che significa anche sostituire all’obiettivo di assicurare la propria vita, quello di preservare la vita dell’organismo che la ospita. Gli elementi della Natura nel suo complesso, tranne gli esseri umani, si comportano come se avessero un’innata percezione della totalità alla quale appartengono: le cellule sane collaborano le une con le altre dentro l’organismo, sostenendosi reciprocamente. Se non obbedissero a quest’ordine naturale, le cellule entrerebbero in conflitto e combatterebbero le une contro le altre come se fossero tutte creature unicellulari. Quando si verifica questa disfunzione all’interno di un organismo la diagnosi è il cancro: le cellule cancerose combattono fra loro per accaparrarsi l’ossigeno e gli elementi nutritivi, provocando la distruzione di se stesse e dell’organismo che le ospita. La conoscenza di queste Leggi naturali, sostiene Laitman, presuppone che tutti gli esseri umani siano garanti gli uni degli altri, nel senso che ogni individuo sia consapevole che può causare con le proprie azioni il beneficio o il deficit del mondo intero. I precetti di tutte le tradizioni spirituali e della kabbalah in particolare girano intorno alla frase: “Ama il tuo prossimo come te stesso”. Questa frase è molto di più di un discorso religioso o etico, è una legge della Natura, ma soprattutto una legge di sopravvivenza.

 

Interdipendenza e alienazione

 

Uno degli aspetti che caratterizzano l’attuale caotica situazione globale è l’interdipendenza insieme alla sempre maggiore alienazione degli uomini, gli uni nei confronti degli altri. È questo il paradosso descritto da Laitman: nella misura in cui siamo diventati sempre più globali, ci troviamo contemporaneamente sempre più narcisisti. Oggi si parla di una vera e propria epidemia di narcisismo ed i tratti delle personalità narcisiste sono cresciuti al punto da essere considerati persino tratti della personalità così detta “normale”. L’antidoto a questa escalation di egoismo, stando agli studi cabalisti, è la stessa cura che viene applicata dalla Natura: la costruzione di un sistema globale nel quale tutte le parti offrano il proprio contributo e rinuncino al proprio interesse personale. In cambio, “l’insieme” assicurerà il benessere e la sostenibilità dei singoli componenti.


Quando nella kabbalah si parla di “rinuncia agli interessi personali” non si fa riferimento alle nostre caratteristiche e risorse umane individuali che sono universalmente valide. Ciò a cui dobbiamo rinunciare sono le nostre rivendicazioni egoiche, tutte quelle manifestazioni di autoaffermazione e di potere così tipiche del nostro attuale stile di vita. La regola della rinuncia all’interesse personale in favore dell’interesse del sistema globale non si applica solamente alle molecole, organi e tessuti che formano un corpo vivente, ma anche agli uomini che, come tutti gli organismi biologici, non possono vivere isolati. Secondo i cabalisti essi sono come “rami” che affondano le radici nel regno spirituale che è una sorta di “anti-mondo”. Mentre noi esistiamo nel mondo della “separatezza”, la vita appartiene e proviene dal “mondo dell’Unione”. Per i cabalisti solamente attraverso la connessione la vita può evolversi e perpetuarsi.