Il mistero del Golgota Tra i demoni e gli dei della modernità

Il mistero del Golgota
Tra i demoni e gli dei della modernità

Virginia Salles, Roma

 

…Non ti ho fatto né celeste né terreno, né mortale né immortale, affinché tu, quasi libero e sovrano creatore di te stesso, ti plasmi secondo la forma che preferirai. Potrai degenerare verso gli esseri inferiori, che sono i bruti, potrai, seguendo l’impulso dell’anima tua, rigenerarti nelle cose superiori, cioè in quelle divine.

(Giovanni Pico della Mirandola (Oratio de hominis dignitate) )

La morte superstar

L’artista Damien Hirst, salito alla ribalta nel 1997 con i suoi animali sezionati dentro vasche di formalina, ha realizzato l’opera For the love of God (“Per L’amore di Dio”): un teschio “superstar”, un teschio con ottomila diamanti incastonati, l’opera più costosa della storia. Anche Andy Warhol ha trovato nella morte – che pone sullo stesso piano dei prodotti di consumo e delle celebrità – un ingrediente essenziale della sua arte e tra le sue famose serigrafie possiamo riscontrare anche sedie elettriche e vittime di incidenti stradali. In Italia Oliviero Toscani ha pubblicizzato il marchio Benetton utilizzando immagini di malati di Aids sul letto di morte. Non solo nell’arte la morte sembra avere un ruolo di spicco: se guardassimo il mondo dalla prospettiva di un “extraterrestre”, probabilmente rimarremmo colpiti dal fatto che l’icona del “Figlio di Dio morto” regni sovrana e domini la scena religiosa della nostra epoca: la crocifissione è l’immagine centrale della psiche dell’uomo occidentale. Nel corso dei secoli la nostra coscienza collettiva ha modificato il proprio rapporto con questa immagine partendo dalla sua forma impersonale, archetipica, senza un reale collegamento con la sofferenza umana, fino alle moderne elaborazioni artistiche esasperatamente individuali. Alle soglie del Cinquecento Michelangelo esprimeva nella Pietà l’archetipo della Mater Dolorosa, il pianto della Grande Madre per il proprio figlio morto. Secondo Jung, questo archetipo ha per l’uomo moderno un’ulteriore significato: Maria rappresenta “il lamento funebre per il Dio perso”, il pianto dell’umanità derubata delle sue immagini eterne. L’immagine archetipica della “Mater Dolorosa”, la nostra “Iside”, corrisponde, secondo Jung, alla necessaria fase della mortificatio del processo alchemico di trasformazione e sta a indicare la nostra naturale energia vitale privata del proprio oggetto. La verginità di Maria è una componente importante del simbolo in quanto sembra esistere un collegamento archetipico fra la verginità, intesa in senso psicologico, e la capacità di gestire “il fuoco sacro”, cioè l’energia transpersonale. Le vestali nell’antica Roma e le vergini del sole presso le popolazioni inca avevano come compito principale il mantenimento del fuoco sacro.

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Il contributo di Rudolf Steiner

Più la psicologia del profondo va “in profondità”, più si avvicina a ciò che mi sento di definire come “l’inconscio steineriano”. È comprensibile che il pensiero di Steiner, con le sue parole anacronistiche e la sua feconda “immaginazione”, appaia ostico soprattutto a chi è avvezzo a tutto ciò che esula dalla misurazione obiettiva e dal controllo sperimentale. Steiner è un autore difficile, saccheggiato da molti scrittori delle più svariate discipline, ma tuttora ignorato dalla cultura dominante. Affrontare il suo pensiero, nel nostro mondo “illuminato” dalla Scienza, richiede responsabilità e la capacità di districarsi tra paradossi e parole impronunciabili. La psicologia in generale – persino la psicologia del profondo con la sua pretesa di “rispettabilità” scientifica – sempre più barricata all’interno di confini angusti e non più al passo con i più recenti sviluppi di molti altri settori della conoscenza, dovrà prima o poi confrontarsi con la profonda saggezza insita negli scritti steineriani – i cui echi risuonano oggi nei più importanti concetti della metapsicologia junghiana – e analizzarli alla luce del proprio assetto teorico. Il pensiero di Steiner è una fonte inesauribile di risorse, di “immaginazione” e di umanità.

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Tutte le collettività sono, secondo Jung, organismi psichici inconsci dotati di grande forza e pericolosità. Esse incarnano le energie archetipiche prive della mediazione dell’io conscio e sono perciò imprevedibili: “Più vasta è la folla, più irrilevante diventa l’individuo”, ma, sottolinea ancora Jung: “il portatore della coscienza è proprio l’individuo”1. La forza psichica ed il “quid” transpersonale rappresentato prima da una collettività, gli ebrei, con il suo capostipite, Abramo, e poi “incarnato” individualmente dalla figura metafisica di Cristo, il Dio-uomo, dovrà ora essere trasferito nell’esperienza interiore dell’essere umano (il ritiro delle proiezioni). Simbolicamente parlando ciò che fa di un individuo un “Figlio di Dio” (un “re” o “soggetto sovrano”) è questa autorità transpersonale interiore che assume priorità sull’autorità religiosa e politica collettive. In questo senso il simbolo cristiano è davvero salvifico in quanto attiva nel profondo dell’Essere l’impulso verso la trascendenza dalla materia ed il collegamento con la forza primordiale che soggiace a tutto ciò che percepiamo e allo stesso tempo salvaguarda l’individuo dalle potenze distruttive insite in questo passaggio. Esiste una felicità perpetua, soggiacente ai continui sbalzi di umore tra il piacere e il dolore.2

Il tema della liberazione dell’anima crocifissa del mondo o del Drago nascosto nelle acque della morte e della vittoria su di esso si riferisce a questa trasformazione dell’essere nel territorio transpersonale dell’inconscio. L’evoluzione universale, secondo Steiner, si rivela nel pensiero come un processo ascendente che va dall’imperfetto verso una sempre maggiore “perfezione”: gli esseri umani si evolvono, e in tale evoluzione si manifesta Dio. In questo senso il divenire è, per Steiner come per Platone e Jung, una resurrezione di Dio dalla tomba, nell’interiorità dell’essere umano. Nell’uomo la natura prosegue la sua opera creativa, al di là di se stessa3. Alla luce del significato del Golgota così come viene interpretato da Steiner, possiamo affermare che ciò che nell’uomo è più individuale è al tempo stesso, paradossalmente, dotato di valore più universale. …gli uomini raggiungeranno il massimo della pace e dell’armonia quando il singolo avrà raggiunto il massimo dell’individualità4.

 

È molto significativo che nella esperienza clinica il simbolo del Cristo emerga a volte nel momento “clou” delle emergenze spirituali5 come promessa del processo evolutivo e coronamento di una nuova e più profonda personalità. La potenza misteriosa del Simbolo può, durante questo percorso, suscitare una tale fascinazione e raggiungere una tale intensità da fare scaturire la dolorosa identificazione con il Cristo, la sua passione e morte. La sintomatologia fisica corrispondente alle ferite sofferte da Cristo (le “stigmate” ne sono un esempio eclatante) è la somatizzazione del dramma divino quando questo non riesce ad essere sufficientemente elaborato e integrato sul piano psichico. Per completare il processo evolutivo il Mistero della Croce dovrà essere sperimentato, compreso e assimilato dall’individuo come proprio destino personale. A questo punto la proiezione viene ritirata e l’uomo è ora in grado di stabilire un rapporto individuale con lo “Spirito Santo”, ovvero con la fonte eterna dell’essere. È questo, secondo Steiner, l’importante passo avanti in direzione del superamento del “cristocentrismo”. Passo che non si compì alla morte di Cristo in quanto l’individuo non divenne lui stesso il “vaso del divino”; emerse, invece, un contenitore collettivo, la Chiesa, come “Vaso dello Spirito Santo” e tramite unico del “Messaggio divino”.

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La visione del mondo post-moderna

La nostra cultura post-moderna ha come propria essenza il pluralismo e l’indeterminatezza che portano ineluttabilmente ad una totale assenza di qualsiasi base ferma per una visione del mondo: il linguaggio stesso è una “gabbia”, afferma Wittgenstein. Da Nietzsche a Saussure e Wittgenstein, da Foucault a Derrida la parola d’ordine è l’impossibilità di trovare un significato indiscutibile in qualsiasi testo scritto. Il bisogno eterno dell’uomo di una verità condivisa, di qualcosa di assoluto e permanente, viene così relativizzato in modo radicale. In questo senso il post-modernismo secondo Richard Tarnas è “un movimento antinomico che presuppone un vasto annichilimento dello spirito occidentale”6, una filosofia fondamentalmente distruttiva in relazione a qualsiasi forma di sapere tramandatoci dalla tradizione.

Come conseguenza di questa anarchia spirituale generalizzata l’influenza della religione istituzionalizzata fu drasticamente ridimensionata, ma come compensazione il sentimento religioso sembra essere stato rivitalizzato ed ha finito per stimolare nuove forme di orientamento religioso ed una maggiore autonomia spirituale. Da questo tsunami distruttivo post-moderno con tutta la sua ambivalenza intellettuale emersero quindi nuove forme di espressione e nuove fonti di ispirazione che andavano dal misticismo orientale alla teologia della liberazione, dalle nuove forme di autoesplorazione interiore al culto della “Terra-Madre”. La “morte de Deus”, secondo Tarnas, ha paradossalmente dato inizio ad un’apertura spirituale che ha favorito una più autentica ricerca interiore e il risveglio del sacro, di un senso più ampio e numinoso della divinità. Le grandi invenzioni teoriche dell’ultimo secolo, il pensiero di G. Bateson, degli scienziati D. Bohm, R. Sheldrake, Ervin Laszlo, A. Goswami7 e di molti altri “scienziati idealisti”, come li definisce Goswami, aprono le porte alla possibilità di una visione del mondo più ampia e complessa e di una scienza meno riduzionista. La scienza contemporanea usa le stesse metafore della letteratura spirituale e forse, come sostiene Goswami, è già spiritualizzata quanto basta per approdare ad una nuova visione dell’universo in cui viviamo, ad uno spostamento di paradigma da una scienza materialistica ad una scienza basata sul “primato della coscienza”: il mondo è solo apparentemente continuo, materiale, newtoniano-cartesiano, in realtà è discontinuo, quantico e “cosciente”. Pensiero questo condiviso dai maestri spirituali di tutto il mondo. La tesi di Goswami è quella di considerare la coscienza come base dell’essere: è la coscienza che, secondo lo scienziato indiano, in ultima istanza crea la realtà, nel senso che la può influenzare con il suo progetto creativo, come Steiner, ma anche molti teologi cristiani avevano già intuito. Allora, possiamo davvero iniziare a sciogliere i paradossi.

Un altro passo decisivo nel senso di un ampliamento, anzi, di un salto di qualità rispetto alla prospettiva post-moderna, è la concezione della natura dell’immaginazione così come emerge dall’opera di Jung e della psicologia post-junghiana, ma soprattutto e prima ancora di Jung, dall’opera di Steiner. Da queste diverse prospettive emerge una realtà che tende a configurarsi come risposta all’insieme dei presupposti simbolici dell’individuo e della collettività, il che significa che a livello fondamentale il mondo tende a “correggersi” e mostrarsi secondo il carattere della “visione”-immaginazione che su di esso viene rivolta. Il mondo reale viene, in un certo senso, estratto dalle “proiezioni” e dal quadro di riferimento entro il quale viene percepito.

Consapevolezza, immaginazione… preghiere, sono quindi generatori di eventi e quanto più ampia e complessa è la visione del mondo in un determinato contesto sociale e quanto meno ideologicamente limitato è l’individuo e la collettività, tanto più libera è la scelta dei “mondi possibili” e più consapevole e determinante è la partecipazione umana alla creazione della realtà. Il pensiero degli scienziati contemporanei, come quello di Steiner, fa un balzo oltre il razionale e delinea i tratti di un’affascinante e complessa visione dell’uomo: un uomo multidimensionale, visione nella quale possiamo scorgere una via che gli restituisce dignità e la possibilità che l’interiorità umana si intensifichi nell’empatia, nella creatività e nell’inspirazione. E quando l’anima riesce a penetrare e vivere in quel mondo, vede come nello spazio non vi siano quelle fantastiche stelle di cui parla il fisico, ma entità viventi, viventi comunità di esseri che salgono e discendono e tramano e tessono nello spazio cosmico, porgendosi i loro doni dall’alto al basso, dal basso all’alto… 8

La “visione del mondo scientifica” semplice e limitata che domina ancora oggi in molti contesti culturali, appartiene a coloro che non sono riusciti ad evolvere all’interno della problematica intellettuale più ampia del presente e ad integrare le nuove scoperte in ambito interdisciplinare. Nell’era post-moderna gli “irriducibili” della visione scientifica del mondo ricevono, secondo Tarnas, lo stesso giudizio che l’“ingenuo religioso” riceveva dalla Scienza nell’Era Moderna. Sempre più consapevole e critica in relazione a se stessa, la scienza contemporanea è, oggi, meno incline ad un “scientismo” ingenuo e più attenta ai sui limiti teorico-concettuali ed esistenziali.

Resurrezione

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La “Crocifissione” è, prima di tutto, un archetipo e come tale sembra riflettere lo stadio di evoluzione della coscienza nel quale l’individuo riconosce la natura illusoria del mondo materiale. Quando ciò avviene l’universo si rivela nella sua vera essenza come un gioco di coscienza cosmico e l’angusta rappresentazione del mondo, in quanto materia, viene distrutta nella psiche dell’individuo. Questa profonda esperienza interiore – che viene espressa attraverso l’identificazione dell’io profano con l’archetipo della crocifissione e la resurrezione di Cristo – pone fine all’identificazione filosofica dell’individuo con il proprio corpo. Tutto ciò viene attivato dall’impulso centrale dell’evoluzione terrestre (l’impulso-Cristo) e viene sintetizzato da Steiner con l’immagine della penetrazione del Cristo in noi che San Paolo ha espresso con queste parole: “Non più io, ma il Cristo in me”. L’impulso-Cristo dischiude all’uomo la percezione dell’invisibile e favorisce l’inizio di una relazione con il mondo spirituale. tutto l’effimero non è che un simbolo dell’Eterno…9

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L’inversione di rotta post-post-moderna che ora si fa sempre più incalzante, riguarda sviluppi futuri ai quali possiamo rivolgere appena uno sguardo di vago presagio e solo oscuramente intuire. Questo passaggio può essere messo in relazione con l’elemento irriducibile della libertà umana, della “libera scelta” descritta nell’orazione-incipit di Pico della Mirandola (XV secolo). Perciò oltre al rigore intellettuale ed al contesto socio-culturale, entrano in questa umanissima equazione esistenziale fattori più soggettivi e indefiniti come la volontà, la fede, l’ispirazione, la speranza e l’immaginazione.

4 Tarnas, R., A epopéia do pensamento ocidental, Bertrand Brasil, Rio de Janeiro, 2001, p. 429, T.d.a.

5 Goswami, A., Guida quantica all’illuminazione, l’integrazione tra scienza e coscienza, Edizioni Mediterranee, Roma, 2007.

6 Steiner, R, L’impulso Cristo nel Faust di Goethe, Editrice antroposofiche, Milano, 2008, p. 57.

7 Steiner, R., L’impulso Cristo nel Faust di Goethe, Editrice antroposofica, Milano, 2008, p. 96.